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1862 Imposte ipotecaria e catastale

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Furono introdotte nel nuovo Stato Italiano con la legge n. 593 del 6 maggio 1862. Consistevano in diritti dovuti in misura fissa a pubblici uffici in relazione a servizi connessi alla pubblicità immobiliare, quale l'annotazione nei registri immobiliari e la voltura catastale.

Le tasse ipotecarie si distinguevano in proporzionali e fisse. Le proporzionali erano applicate alle iscrizioni e prenotazioni d'ipoteca per somme determinate (lire 0,30 per ogni 100 lire di somme iscritte), nonché alle rinnovazioni, sostituzioni ed abrogazioni ipotecarie (lire 0,15 per ogni 100 lire su cui si applicava la rinnovazione o la trasposizione). Per le iscrizioni, annotazioni, abbandoni o cessioni di proprietà, per le cancellazioni, per le riduzioni d'ipoteche e per gli atti interruttivi di prescrizione si applicava la tassa fissa di lire 2.

Il processo evolutivo dell'imposta è stato analogo a quello dell'imposta di registro. Infatti, in origine i due tributi si configuravano come tasse dovute a fronte dell'attività amministrativa svolta a vantaggio del richiedente; in seguito, la disciplina si è modificata, facendo progressivamente acquisire a tali prestazioni fiscali le caratteristiche dell'imposta.

Il regolamento delle imposte ipotecarie, già contenuto nel R.D. 30 dicembre 1923, n. 3272, fu poi disciplinato dalla legge n. 540 del 25 giugno 1943.

Come avvenuto per le imposte ipotecarie, anche le imposte catastali, nate come tasse percepite per l'esecuzione delle volture nel catasto dei beni immobili, hanno subito una progressiva assimilazione all'imposta di registro sia per quanto riguarda lo schema di applicazione che il procedimento di imposizione.

Queste imposte, già disciplinate dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635, sono ora regolate dal Testo Unico approvato con D.P.R. 31 ottobre 1990, n. 347.